Il ruolo del medico di Patronato

a cura di Dott.ssa Albertina Ciferri

Negli ambulatori di patronato si visitano spesso soggetti che hanno difficoltà a proseguire una attività lavorativa divenuta usurante perché gravata da esiti di infortuni e malattie professionali: lì si assiste per il riconoscimento ed indennizzo INAIL dell’evento, più raramente per il ricorso all’ASL contro il giudizio di idoneità del medico competente, per il riconoscimento dell’invalidità civile della Legge n. 104/92, della Legge n. 68/99, oppure dei benefici della Legge n. 222/84.
Numerosi sono i casi di lavoratori e lavoratrici che dopo un infortunio o una malattia professionale, non possono più continuare la loro mansione.
Si tratta, ad esempio, di lavoratori edili con ernie discali, discopatie lombari, patologie conseguenti a movimentazioni manuali di carichi e posture incongrue; lavoratrici e lavoratori con esiti di patologie da sovraccarico biomeccanico agli arti superiori la cui ridotta manualità – per dolori e limitazioni dei movimenti – comporta ingenti problemi di reinserimento lavorativo; parrucchieri ed infermieri, che hanno contratto una dermatite o una asma allergica e che si trovano costretti a cambiare del tutto un’attività per la quale hanno speso anni di studio, energia e competenza.
Non meno importante è la situazione economica del mercato del lavoro che rende difficoltoso e potrei dire quasi impossibile il reinserimento lavorativo di quei soggetti che hanno perso il lavoro a causa della crisi economica, soprattutto quando hanno superato i 45 anni e presentano menomazioni, anche poco importanti, risultato di una vita lavorativa per la maggior parte già trascorsa ma non ancora conclusa con i benefici pensionistici di un welfare sempre più avaro.
I lavoratori si trovano così disoccupati, con notevoli difficoltà a ricollocarsi in una nuova mansione idonea; spesso finiscono alle dipendenze di cooperative che li avviano per brevi periodi in aziende e in lavorazioni diverse, con contratti a tempo determinato e con poche o nessuna tutela.
Frequentemente questi lavoratori, oltre al problema legato agli infortuni o alle malattie professionali, possono già possedere – oppure sfortunatamente maturano nel tempo – una diversa invalidità che trova (ma talvolta anche no) una quantificazione idonea nell’ambito della Invalidità Civile.
Il patronato sempre più spesso è l’anello di congiunzione tra una normativa, un ente, una legge e le reali esigenze del lavoratore.
Il lavoratore spesso non è a conoscenza delle diverse tutele a cui può far riferimento e nemmeno quali siano i diversi aspetti delle stesse; in tali condizioni di incertezza “burocratica” in cui l’unica certezza è invece la presenza della disabilità e della relativa difficoltà a svolgere il lavoro, i soggetti giungono all’osservazione degli operatori di patronato.
Il nostro ruolo è quello di accogliere il lavoratore ed indirizzarlo all’interno di questo intricato incrocio di strade, ma tuttavia molti sono gli ostacoli che si presentano in questo cammino.
Risulta difficile, all’inizio del terzo millennio e in un sempre più complicato mercato del lavoro, indirizzare il lavoratore verso percorsi che facilitino il reinserimento lavorativo.
E’ più facile trovare una soluzione risarcitoria che tamponi, seppure momentaneamente, le necessità economiche di intere famiglie, soluzione che si concretizza con il riconoscimento da parte dell’INAIL di malattie professionali, talvolta anche di lieve entità, oppure con il riconoscimento di invalidità civile, sia ai fini del reinserimento lavorativo (con percentuali superiori al 46% e con la L. 68/99) sia ai fini della concessione dell’assegno di invalidità (con percentuali superiori al 74%). In tutti questi casi appare evidente che oggi spesso solo il patronato è quel punto di incontro che “tratta” la persona nella sua interezza e nella totalità dei suoi problemi. Sovente ci si trova, come sopra riportato, in difficoltà se non con le mani legate per impossibilità di poter effettivamente valutare globalmente il soggetto per la mancanza di un ente atto alla definizione dei numerosi casi “border-line” che osserviamo e che non sono riferibili percentualmente ad alcuna categoria di tutela. Per questo è necessario che il Medico di Patronato abbia una competenza, in materia di Medicina Legale e delle Assicurazioni e della Medicina del Lavoro. Tale formazione è poco orientata verso i bisogni dei lavoratori e più attenta alla pedissequa applicazione delle normative ed alla interpretazione delle stesse a favore degli Enti preposti.
Per questo motivo al Medico di Patronato è indispensabile l’esperienza sul campo ed il confronto con le esigenze dei lavoratori, così come vengono espresse, con tutte le differenze culturali, comunicative, sociali, religiose, etniche in una società che ha sempre meno risorse a favore dei più deboli.

Dr. ssa Albertina Ciferri

Diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Ha ricoperto incarichi di docenza in Legislazione Sociale e in Medicina Legale per il Corso di Laurea di 1° Livello scienze infermieristiche, Tecnici della Prevenzione e Tecnici di Fisioterapia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” - Istituto Figlie di San Camillo (Rieti) e dell’Università “La Sapienza”, Facoltà di Medicina e Chirurgia - (Rieti). Dal 1988 svolge attività di Medico Legale presso la ASL Rieti in qualità di responsabile della U.O.S.D. Medicina Legale. È membro del Comitato Provinciale per l’avviamento al lavoro dei disabili. È Presidente della Commissione Invalidi Civili, della Comm.ne L.104/92 e 68/92, presso il Distretto 1 sedi di Rieti, Antrodoco e Sant’Elpidio, e della Commissione provinciale per le Minorazioni Visive. Ha svolto dal 1982 attività di consulenza per diversi Enti di Patronato nella Provincia di Rieti (INAS, MCL, INAPA, ANMIL).