La rilevanza del concorso di colpa del prestatore negli infortuni sul lavoro

a cura di Avv. Aldo Arena

Il Supremo Collegio ha di recente trattato, in maniera esaustiva, il tema del concorso di colpa del lavoratore in occasione di infortunio.

Nel caso di specie, il superiore aveva mandato a riferire al dipendente che il lavoro in questione doveva essere rinviato, in modo che vi fosse un numero sufficiente di persone, ma non aveva insistito sulla tassatività dell’ordine e non era subito intervenuto, una volta informato che il dipendente stava ugualmente procedendo. La Corte d’Appello ha ritenuto che a determinare l’evento avesse contribuito in maniera preponderante l’imprudenza del lavoratore, per l’effetto fissando un risarcimento in misura del 35%, in ragione di un concorso di colpa stimato al 65%, quale contributo causale.

Ne discende il ragionamento sulla rilevanza, in generale, del concorso di colpa in materia.

È certo che il nesso causale tra attività lavorativa e danno sia interrotto in presenza di c.d. rischio elettivo, identificato con comportamenti abnormi del lavoratore o non prevedibili, né in concreto impedibili, quindi, destinati ad operare come caso fortuito rispetto alla responsabilità datoriale.

Al di là di tali casi estremi, va affermato che la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c. non costituisce ipotesi di responsabilità oggettiva e si fonda sempre sulla violazione di obblighi di comportamento a protezione della salute del lavoratore. Ciò posto, non può escludersi che il comportamento colposo del lavoratore, tale da non integrare rischio elettivo, possa determinare un concorso ex art. 1227 c.c., quando l’evento derivi dalla coesistenza di comportamenti colposi da ambo le parti.

Tuttavia, sull’assetto del possibile concorso interferisce la portata pervasiva dell’obbligo datoriale di protezione, radicato su principi cardine dell’ordinamento, quali la tutela della salute e la preminenza della persona umana rispetto ad ogni altro valore.

Il massimo rilievo da attribuire ai doveri di protezione discende dalla sussistenza in capo al datore di lavoro di poteri unilaterali di direzione ed organizzazione, come anche dalla destinazione a lui dei risultati ultimi dell’attività svolta, con coinvolgimento nella dinamica del sinallagma della persona altrui.

Conseguentemente, in caso di ordini datoriali indebitamente pericolosi da cui consegua l’evento lesivo, la disposizione datoriale assorbe in sé l’intera efficacia causale giuridicamente rilevante.

Ancora, non può parlarsi di concorso di colpa a fini civilistici, ove sia lo stesso datore ad avere impostato la lavorazione sulla base di disposizioni illegali.

Con aderenza al caso di specie, si è inoltre precisato che non si può considerare il concorso di colpa, pur in presenza di un comportamento del prestatore irrispettoso di regole cautelari, in caso di mancata adozione da parte del datore di forme tipiche o atipiche di prevenzione, individuabili e pretendibili ex ante, la cui messa in atto avrebbe consentito, nonostante tutto, di impedire con significativa probabilità l’evento. Ciò in quanto è risalente l’insegnamento secondo cui il datore di lavoro è tenuto a proteggere l’incolumità del lavoratore nonostante l’imprudenza e la negligenza di quest’ultimo.

Da ultimo, se nella determinazione dell’infortunio si evidenziano comportamenti incauti del lavoratore che possano riconnettersi direttamente all’inosservanza di specifici doveri informativi e formativi datoriali, che se assolti avrebbero molto probabilmente impedito il comportamento incauto, non è possibile addossare al lavoratore un colpa idonea a concorrere con l’inadempimento datoriale.

Nel caso di specie, pertanto, alla luce dei succitati principi, la Corte ha ritenuto vanificata l’imprudenza del lavoratore, posto che il datore di lavoro non aveva adottato i doverosi comportamenti finalizzati non solo a non agevolare detta imprudenza, ma anche ad impedirne gli effetti.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.