Il danno biologico in sede previdenziale

a cura di Avv. Aldo Arena

L'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, almeno fino al 24/07/2000, è stata esclusivamente finalizzata al risarcimento della perdita o della riduzione della capacità lavorativa degli assicurati. Pertanto, non vi era possibilità di ristoro del danno nella sua accezione più ampia. Non trovava dunque riconoscimento il c.d. danno biologico.

Il sistema è stato modificato dal 25/07/2000. La Corte Costituzionale, infatti, (che come è noto era già intervenuta con la sent. n. 184/1986) nel 1991 si è espressa con tre sentenze (nn. 87, 356 e 485), chiarendo che il danno biologico sussiste "a prescindere dall'eventuale perdita o riduzione del reddito", considerato che esso "va riferito all'integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti con cui la persona esplica se stessa nella propria vita".

Il nuovo indennizzo INAIL, stabilito dal D.Lgs. 38/00 per i danni derivanti da infortuni o malattie professionali denunciati successivamente al 25/07/00, prevede un'erogazione in capitale per gradi di invalidità pari o superiori al 6% ed inferiori al 16% ed un'erogazione in rendita a partire dal 16%. In tale ultimo caso viene concessa un'ulteriore quota di prestazione anche per le conseguenze patrimoniali, presunte per legge, della menomazione. Tale ultima quota è commisurata al grado della lesione e ad una percentuale della retribuzione percepita dall'infortunato (entro il minimale ed il massimale di legge).

Gli strumenti attraverso cui si attua il nuovo sistema sono tre tabelle e, segnatamente: - la "tabella delle menomazioni", che contempla i quadri menomativi derivanti da lesioni e/o malattie, compresi gli aspetti dinamico-relazionali, e costituisce base di calcolo per capitale e rendita; - la "tabella indennizzo danno biologico", che contiene le misure del ristoro dal 6 al 100%; - la "tabella dei coefficienti", tramite cui si calcola la percentuale di retribuzione per il calcolo della citata ulteriore quota di rendita volta al ristoro delle conseguenze patrimoniali presunte.

Nonostante l'evidente specialità del succitato sistema di calcolo, la Suprema Corte di Cassazione è stata recentemente chiamata a ribadire - con sent. n. 8243/2016 - che la liquidazione dell'indennizzo da parte dell'INAIL non può seguire criteri ordinari, in quanto volta a perseguire i fini fissati dall'art. 38 della Costituzione.

Nel caso dedotto, un assicurato si era visto negare in grado di appello il riconoscimento di malattia professionale causata da mobbing, poiché nel precedente processo contro il datore di lavoro aveva ottenuto un risarcimento del danno biologico pari al solo 5%, inferiore quindi al minimo indennizzabile da parte dell'INAIL. I Giudici del gravame avevano sostenuto che l'entità del danno sarebbe rimasta ferma alla predetta percentuale, per come determinata nella precedente causa contro il datore, per non aver il lavoratore contestato, né dedotto di aver impugnato la sentenza e nemmeno di aver subito un aggravamento del danno biologico.

Tuttavia, la Suprema Corte ha evidenziato che il ricorrente, nella domanda azionata contro l'INAIL, aveva chiesto la tutela assicurativa ex art. 13 D.Lgs. 38/00, affermando che la determinazione del danno effettuata in sede civilistica dal ctu non potesse essere condivisa, proprio in quanto effettuata sotto il diverso profilo civilistico e non in ambito INAIL, così chiedendo un'autonoma determinazione del danno a mezzo ctu.

Ulteriormente, i giudici di legittimità hanno chiarito che non è corretto affermare che la determinazione del danno effettuata nella causa risarcitoria potesse rimanere ferma nel giudizio previdenziale, in difetto di ricorso per Cassazione. Ciò in quanto l'INAIL è soggetto terzo rispetto alla prima causa e, in ogni caso, ai fini dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, la determinazione del danno biologico deve seguire le tabelle di cui al D.M. 12/07/00. D'altra parte, il risarcimento del danno biologico valutato a i fini civilistici segue tabelle elaborate dalla comunità scientifica nell'ambito di baremes facoltativi.

Nel caso di specie, in applicazione di tutti i richiamati principi, la Corte d'Appello di Torino è quindi dovuta tornare sulla questione.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.