Esonero dalla responsabilità civile del datore di lavoro - Ultime modifiche

a cura di Avv. Aldo Arena

Il consolidato sistema di cui al Testo Unico D.P.R. n. 1124/1965 stabilisce un parziale esonero dalla responsabilità civile del datore di lavoro per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali derivati da fatti o comportamenti a lui ascrivibili (o ascrivibili alla persona incaricata della direzione o sorveglianza del lavoro o a dipendenti di cui il datore di lavoro debba rispondere in base alle norme del codice civile: art. 2049 c.c.).

In forza di detto parziale esonero, il lavoratore può ottenere il risarcimento dei danni subiti dal datore di lavoro solo quando si tratta di fatti:

  • imputabili al datore di lavoro stesso (o a suoi incaricati o dipendenti) e che costituiscono reati per violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di igiene del lavoro o per aver determinato una malattia professionale;
  • per i quali sia stata emessa sentenza di condanna penale (questo secondo l’originario tenore letterale del Decreto);
  • per cui il giudice abbia liquidato un danno in misura superiore all’ammontare delle prestazioni erogate dall’INAIL (c.d. differenziale).

Si precisa che, con il noto abbandono legislativo del principio di pregiudizialità dell’azione penale su quella civile, il giudice civile adito può essere chiamato a pronunciarsi incidenter tantum sulla configurabilità del reato.

In questo quadro generale, si inserisce la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui la regola dell’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità per gli infortuni - e del suo superamento solo in presenza di illiceità penale - non vale per il danno che esula ab origine dalla copertura assicurativa INAIL (c.d. danno complementare o differenziale qualitativo) come il biologico temporaneo, il biologico in franchigia (fino al 5%), il patrimoniale in franchigia (fino al 15%), il morale ed i pregiudizi esistenziali, il danno tanatologico o da morte jure successionis, la personalizzazione o ricadute soggettive del danno biologico); per ottenere il quale il lavoratore o i suoi eredi possono agire nei confronti del datore di lavoro secondo il diritto civile, azionando anche una domanda per responsabilità contrattuale (oltre che extracontrattuale); avvalendosi, quindi, se del caso dell’inversione dell’onere della prova dell’elemento soggettivo, nella logica consolidata della responsabilità contrattuale, secondo il combinato disposto di cui agli artt. 2087 c.c. e 1218 c.c..

Ancora, con specifico riferimento alla liquidazione del danno biologico c.d. differenziale, la giurisprudenza ha ben chiarito che occorre effettuare un computo per poste omogenee. Pertanto, dall’ammontare complessivo del danno biologico va detratto, non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo il valore capitale della quota destinata a ristorare il danno biologico stesso.

In questo assetto interviene la recentissima riforma, con decorrenza dall’1 gennaio 2019, sugli articoli 10 ed 11 del T.U., ad opera dell’art. 1 co. 1126 lett. a) b) d) g) .egge n. 145/18.

In particolare, destano sorpresa le locuzioni inserite ai commi 6, 7 e 8 dell’art. 10 (sotto riportati), tutte apparentemente volte a considerare le indennità corrisposte dall’Istituto come un unicum indistinto, complessivo, a qualsiasi titolo liquidato, con evidente presa di distanza dal panorama giurisprudenziale illustrato e con prevedibile notevole impatto pratico.

“Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo complessivamente calcolato per i pregiudizi oggetto di indennizzo, non ascende a somma maggiore dell’indennità che a qualsiasi titolo ed indistintamente, per effetto del presente decreto, è liquidata all’infortunato o ai suoi aventi diritto.

“Quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli artt. 66 e seguenti e per le somme liquidate complessivamente ed a qualunque titolo a norma dell’articolo 13, co. 2, lett. a) e b), del d.lgs. 38/00.

Agli effetti dei precedenti commi sesto e settimo l’indennità d’infortunio è rappresentata dal valore capitale della rendita complessivamente liquidata, calcolato in base alle tabelle di cui all’art. 39, nonché ogni altra indennità erogata a qualsiasi titolo”.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.