Le malattie professionali dei lavoratori ospedalieri e delle strutture di assistenza alle persone non autosufficienti
a cura del Direttore Generale, Dott. Sandro GiovannelliSempre più frequentemente le nostre sedi di Patronato segnalano il riscontro di affezioni muscolo scheletriche nei lavoratori ospedalieri e delle strutture di assistenza alle persone non autosufficienti.
D’altra parte è ben noto che l'organizzazione del lavoro in ospedale e nelle strutture assistenziali può imporre agli operatori del settore sia l'assunzione di posture fisse prolungate, sia la ripetitività di movimenti, sia il sollevamento e il trasporto di carichi.
Le situazioni più a rischio, sulla base della percezione dello sforzo degli operatori, sono descritte come:
• sollevare il paziente dal letto ad una carrozzina;
• ruotare il paziente a letto;
• sollevare il paziente sul cuscino;
• alzare lo schienale del letto.
Sono tutte operazioni che diventano particolarmente gravose nel caso di degenti che non possono collaborare, come spesso accade nei reparti di riabilitazione, rianimazione, pronto soccorso, chirurgia ed ortopedia e nelle strutture assistenziali.
È anche vero che questi operatori ricevono momenti formativi specifici, affinché imparino a mobilizzare i pazienti e, dunque, a salvaguardarsi muscoli e articolazioni nell’esercizio del loro lavoro. Nonostante ciò, arrivano abitualmente in Patronato richieste di tutela per il riconoscimento di danni professionali:
1) a carico dell’arto superiore, come borsiti e tendiniti della spalla, del gomito e della mano, cisti tendinee del polso, alterazioni neuromuscolari dell’arto superiore, in specie del polso e della mano;
2) a carico della colonna vertebrale, come spondilo/discoartrosi con cervicalgie, dorsalgie, lombalgie e lombosciatalgie e ernie discali lombari;
3) a carico dell’arto inferiore, come degenerazioni e fratture meniscali, ecc.
Purtroppo, però, non sempre le richieste di riconoscimento della professionalità di queste malattie è accettata dall’INAIL, impegnando i medici convenzionati con il Patronato a rilevare e collocare la patologia diagnosticata nel quadro assicurativo INAIL tramite delicate discussioni collegiali e/o laboriose consulenze per ricorsi in giudizio.
Quanto la cosa non sia semplice lo suggerisce la difficoltà per il medico di fissare la data di esordio della lesione e per il lavoratore di “provare”, attraverso idonea documentazione, che l'evento è professionale e, dunque, assicurato dall’INAIL. In pratica, medico e lavoratore devono “provare” all’INAIL che si tratta di un infortunio sul lavoro per trauma acuto, oppure di una malattia professionale per la somma di traumi ripetuti, ma anche di “provare” che non si tratti di evento patologico ascrivibile a malattia comune. E questo può accadere per la complicazione del fatto che il lavoratore possa “essersi disinteressato” a quanto appreso nella formazione specifica per la sicurezza della propria salute, fornita dall’azienda, oppure ad utilizzare gli ausili predisposti per la movimentazione dei carichi (nel caso i pazienti allettati).
Il problema merita di essere approfondito e affrontato con la consueta competenza da parte del nostro Patronato.
