Decorrenza della prescrizione per le malattie professionali

a cura di Vittorio Glassier

Alcune sedi del Patronato hanno segnalato il punto dolente della tutela dei lavoratori, affetti da malattia professionale, quando si vedono respingere dall’INAIL l’indennizzo, perché la malattia, come risulta da documenti sanitari, si era manifestata più di tre anni prima della presentazione della denuncia. E, pertanto, l’INAIL ne considera prescritto il diritto alle prestazioni. Si tratta di un problema complesso, anche se ben conosciuto nella giurisprudenza. È opportuno farci qualche riflessione per vedere come affrontarlo.

In termini generali, si può definire la prescrizione come l'estinzione di un diritto quando il soggetto titolare di quel diritto non si attiva per renderlo effettivo tramite le modalità previste (denunce, domande, ricorsi, messe in mora) ed entro il tempo determinato dalla legge.

In caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale il diritto, è quello alle prestazioni dell’INAIL e la prescrizione è regolata dall’articolo 112 del TU 1124/65. Ai sensi di questo articolo, l’azione per conseguire le prestazioni (l’indennizzo) si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale. Questo articolo, tuttavia, è stato modificato profondamente da diversi interventi della Corte Costituzionale e della giurisprudenza, finalizzati a chiarire sia la data da cui parte la decorrenza dei tre anni della prescrizione (il dies a quo dei giuristi), sia le azioni o gli interventi che possono sospenderla o interromperla.

Per quanto attiene alle malattie professionali, la giurisprudenza ha precisato che il diritto all’indennizzo nasce quando, essendo certa la connotazione professionale della malattia, essa ha raggiunto un grado di gravità in misura pari o superiore al minimo indennizzabile. Attualmente il 6% di danno biologico.

Stando così le cose, per quanto riguarda la data di decorrenza della prescrizione per le malattie professionali, possiamo dire che essa non coincide necessariamente con la denuncia all’INAIL.

Infatti, sintetizzando, la data di decorrenza della prescrizione può essere:

  • coincidente con la data della denuncia all’INAIL, ogni volta che la manifestazione della malattia indennizzabile è certificata da esami sanitari contemporanei alla denuncia stessa;
  • successiva alla data della denuncia, ogni volta che sia dimostrato che i postumi si sono consolidati in misura pari o superiore al minimo indennizzabile in epoca posteriore alla data della denuncia (ad es. nei casi riconosciuti dall’INAIL con danno biologico dall’1% al 5%);
  • antecedente alla data della denuncia, ogni volta che sia dimostrato che i postumi si sono consolidati in misura pari o superiore al minimo indennizzabile in epoca anteriore alla data della denuncia. Naturalmente se l’epoca anteriore risale a più di tre anni dalla denuncia, l’INAIL può eccepire la prescrizione del diritto.
È ciò che fa l’Istituto nei casi presentati dal Patronato, rigettando le prestazioni con le parole: “ perché sono trascorsi i termini previsti dalla legge per richiedere la prestazione….” o simili.

Ci si chiede quanto abbia ragione l’INAIL. Infatti, a soccorso del lavoratore viene la giurisprudenza di Cassazione. Si prenda, ad esempio tra le più recenti, la sentenza n. 2022/ del 2015. Questa sentenza richiama, prima di tutto, la sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 1988, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del TU 1124/65, art. 135, comma 2, nella parte in cui poneva una presunzione assoluta di verificazione della malattia professionale nel giorno in cui veniva presentata all'istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico. Poi afferma: “ pertanto, nell’attuale regime normativo la manifestazione della malattia professionale, rilevante quale "dies a quo" per la decorrenza del termine prescrizionale di cui all'art. 112 del TU 1124/65, può ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l'esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, che costituiscano fatto noto, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. (in tale senso, ex multis, Cass. n. 27323 del 2005)”.

Ai fini della decorrenza della prescrizione, dunque, non è sufficiente per l’INAIL una certificazione medica (certificato, referto, dato di laboratorio) datata a più di tre anni prima della denuncia, ma per l’Istituto che eccepisce la prescrizione è necessario dimostrare anche che il lavoratore era sin da allora consapevole di avere la malattia, che la stessa fosse di origine professionale e che avesse raggiunto il minimo indennizzabile.

In pratica, è opportuno che per questi casi le nostre sedi di Patronato ricostruiscano con i lavoratori la “storia” delle loro malattie e del cammino della loro consapevolezza sul diritto all’indennizzo per presentare opposizione in base all’orientamento della Cassazione succitata, senza avere paura di prepararsi a un eventuale ricorso in causa.

Vittorio Glassier

Dipendente del Patronato Acli dal 1978 al 2013, data della pensione. Dal gennaio 2014 consulente del Patronato Anmil in materia di INAIL, disabilità e invalidità. Si è sempre occupato dei diritti previdenziali e assistenziali connessi agli stati di invalidità, con particolare riguardo alle materie dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, della prevenzione antinfortunistica, delle invalidità civili e delle tutele ex Legge 104. Dal 2007 al 2008 ha fatto parte della Commissione Senato di inchiesta sulle “morti bianche”. Autore di diverse pubblicazioni.