Malattie da sovraccarico biomeccanico della spalla: un caso esemplificativo

a cura di Dott.ssa Albertina Ciferri

Il Decreto ministeriale del 9 aprile 2008 ha aggiornato le tabelle INAIL con l’inserimento delle patologie muscolo-scheletriche che sono le malattie “causate da sollecitazioni biomeccaniche, a seguito di movimenti ripetuti e/o posture incongrue dell’arto superiore, del ginocchio e della colonna vertebrale”.

Per quanto riguarda la spalla, vengono evidenziate le seguenti patologie:

  • tendinite del sovra spinoso;
  • tendinite del capolungo del bicipite;
  • tendinite calcifica (Morbo di Duplay);
  • borsite.

Perché le tendinopatie della spalla vengano riconosciute, bisogna che “l’adibizione alle lavorazioni” avvenga in maniera non occasionale e che le lavorazioni stesse comportino a carico della spalla movimenti ripetuti, e/o il mantenimento prolungato di posture incongrue. Per definire ulteriormente ed in modo certo il campo per il riconoscimento di malattia professionale, è intervenuta la Corte di Cassazione con l’indicazione che “l’adibizione alla lavorazione può ritenersi non occasionale quando costituisca una componente abituale e sistematica dell’attività professionale dell’assicurato e sia dunque intrinseca alle mansioni che lo stesso è tenuto a prestare”. È stato chiarito, inoltre, che la “lavorazione prolungata” è quella svolta “in modo duraturo, per un periodo di tempo sufficientemente idoneo a causare la patologia.”

Prima del decreto dell’aprile 2008, per ottenere il riconoscimento della malattia professionale era necessario dimostrare all’INAIL l’esistenza di un nesso causale tra l’attività svolta e la patologia.

Ora non più, poiché il riconoscimento richiesto è automatico se il lavoratore ha effettuato – in maniera non occasionale e/o prolungata – le lavorazioni descritte nelle tabelle INAIL.

Rispetto al passato, si ha così un’inversione dell’onere della prova, perché, per negare il riconoscimento, tocca all’INAIL dimostrare che la patologia non deriva dall’attività lavorativa svolta dal lavoratore assicurato che potrà farlo dimostrando che: a) il lavoratore sia stato addetto in maniera sporadica o occasionale alla mansione o alla lavorazione indicata nella tabella; b) il lavoratore sia stato concretamente esposto all’agente patogeno connesso alla lavorazione in misura non sufficiente a cagionare la patologia; c) la malattia sia riconducibile ad altra causa di origine extra-lavorativa.

In tal modo, il riconoscimento delle patologie muscolo-scheletriche diventa più semplice e consente di rendere giustizia delle reali dimensioni e della effettiva frequenza dei casi. Infatti, la precedente procedura, essendo più complicata, comportava una diminuzione delle denunce all’INAIL, e quindi una sottostima del fenomeno morboso.

D’altronde, in alcuni Paesi come la Spagna, la Francia e la Svezia, dove il riconoscimento di questi tipo di malattie è operante da molti anni, la frequenza dei casi è dell’ordine del 60% del totale delle patologie da lavoro.

In Italia, invece, le malattie muscolo scheletriche rappresentavano nel 2003 il 20% e nel 2007 il 40% del totale delle malattie denunciate. Tant’è che nei prossimi anni, con l’inserimento nelle tabelle INAIL e con il sistema automatico di riconoscimento, è probabile che si assista ad un aumento, anche non indifferente, delle patologie di questo tipo.

A scopo esemplificativo si riportano le osservazioni contenute nella scheda di rischio da sovraccarico biomeccanico per l’arto superiore contenuta in un opuscolo dell’INAIL in cui viene analizzato il compito lavorativo dell’addetto cassa del supermercato.

Secondo il test di valutazione dell’INAIL il compito è svolto in un discount di alimentari con un totale di tre banchi con cassa, costituiti da nastro trasportatore automatico anteriore, scanner di lettura orizzontale e verticale, tastiera con visore, registratore di cassa, bancomat, cassetto denaro, bacino di raccolta inclinato posteriore e sgabello.

L’operatore inizia a passare gli oggetti, prelevando il primo con la mano sx dal nastro trasportatore, passandolo nella mano dx e successivamente sullo scanner. L’oggetto viene poi posato sul piano di destra e contemporaneamente viene afferrato un secondo prodotto con la sx. Nel caso di oggetti ingombranti o pesanti (max 15 kg), l’operatore li afferra con entrambe le mani.

Quando l’operatore è seduto, in questa fase i gomiti sono privi di appoggio. Terminati i prodotti, l’operatore si volta a sinistra per consegnare la busta, provvede a riscuotere, in contanti o con bancomat, calcola l’eventuale resto battendo sulla tastiera; la cassa si apre automaticamente davanti all’operatore, che consegna l’eventuale resto e lo scontrino, dal registratore posto sulla destra. Nei tempi di attesa di questa seconda fase (riscossione, battitura, consegna scontrino) le braccia riposano appoggiate sul piano se l’operatore è in posizione seduta; quando l’operatore è in piedi appoggia invece le mani sul piano.

L’intera operazione, secondo la valutazione dei tecnici dell’INAIL, che hanno considerato come ciclo di lavoro il passaggio di una spesa media di 50 articoli, dura 3 minuti, nell’arco dei quali il compito dell’operatore comporta l’effettuazione di movimenti rapidi soprattutto da parte dell’arto dx con grado moderato a carico dell’arto dx e sx. La forza stimata è di grado moderato con entrambi gli arti superiori per 1/3 della durata del ciclo.

Quanto alle posture, la spalla sx è in postura incongrua per circa il 20% del ciclo, entrambi i gomiti ed i polsi sono in postura incongrua per oltre la metà del tempo di ciclo, il mantenimento della presa a pinza o palmare è per l’80% del ciclo con entrambe le mani.

Le patologie a carico degli arti superiori che, nel tempo, potrebbero instaurarsi sono: sindrome del tunnel carpale; tendiniti a carico del sovraspinoso e del capolungo del bicipite; borsite della spalla; epicondilite; epitrocleite; sindrome di De Quervain; dito a scatto e così via.

Nei piccoli supermercati l’addetto alla cassa svolge in ogni caso anche altri compiti, quali il riempimento degli scaffali, le piccole pulizie e la movimentazione della frutta. Nella valutazione del rischio occorre quindi considerare anche questi aspetti che, se da un lato possono favorire il recupero, dall’altro possono esporre a rischi aggiuntivi per gli arti superiori e/o per il rachide.

Con adeguate pause e tempi di recupero, e limitata tempistica giornaliera di adibizione pari a massimo 2 ore, l’attività degli operatori alla cassa potrebbe essere caratterizzata da un rischio di entità molto lieve a carico dell’arto destro e accettabile a carico del sinistro.

Dr. ssa Albertina Ciferri

Diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Ha ricoperto incarichi di docenza in Legislazione Sociale e in Medicina Legale per il Corso di Laurea di 1° Livello scienze infermieristiche, Tecnici della Prevenzione e Tecnici di Fisioterapia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” - Istituto Figlie di San Camillo (Rieti) e dell’Università “La Sapienza”, Facoltà di Medicina e Chirurgia - (Rieti). Dal 1988 svolge attività di Medico Legale presso la ASL Rieti in qualità di responsabile della U.O.S.D. Medicina Legale. È membro del Comitato Provinciale per l’avviamento al lavoro dei disabili. È Presidente della Commissione Invalidi Civili, della Comm.ne L.104/92 e 68/92, presso il Distretto 1 sedi di Rieti, Antrodoco e Sant’Elpidio, e della Commissione provinciale per le Minorazioni Visive. Ha svolto dal 1982 attività di consulenza per diversi Enti di Patronato nella Provincia di Rieti (INAS, MCL, INAPA, ANMIL).