La mancata applicazione dell’art. 54 del TU 1092/1973 al comparto difesa e sicurezza. Evoluzione positiva della giurisprudenza.

a cura dell'Avv. Isabella Martini, Consulente legale nazionale

Una questione attuale, nell’ambito della previdenza militare, riguarda l’ambito di applicabilità, e le conseguenti modalità, dell’art. 54 del TU 1092/1973.
Infatti, l’INPS, nonostante la giurisprudenza favorevole ai ricorrenti, continua a non applicare ai militari che ne avrebbero diritto (tutti coloro che al 31.12.1995 avevano maturato almeno 15 anni di servizio e non più di 20 - a grandi linee, tutti quelli arruolati tra il 1981 ed il 1983) l’aliquota più favorevole del 44% al posto di quella del 35% prevista per i civili.

Anzitutto, l’applicazione dell’art. 54, in luogo dell’art. 44 del TU n. 1092/1973, è un problema che non tange i militari che, avendo raggiunto i 18 anni di servizio utile al 31 dicembre 1995, beneficiano del sistema retributivo e godono del trattamento di quiescenza più favorevole, ma riguarda tutti coloro che alla data del 31 dicembre 1995 avevano maturato “almeno 15 anni” ma meno di 18 anni di servizio utile (cfr. Corte dei Conti Abruzzo sent. n. 75 del 2012).
Difatti nei confronti di quest’ultimi dipendenti appartenenti all’Ordinamento militare trova applicazione il c.d. Sistema di calcolo Misto, e l’applicazione dell’art 54, il quale incide sul calcolo della Quota Retributiva-QUOTA A della relativa pensione, consentendo l’applicazione dell’aliquota al 44%, anziché al 35% come attualmente erroneamente applicata sulla falsariga del personale civile.

L’art. 54 sopra menzionato, ai commi n. 1 e n. 2, stabilisce per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello stabilito per il personale civile disciplinato all’art. 44 del medesimo testo unico, prevedendo che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento di ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

Nonostante tale previsione normativa, l’INPS continua a negare l’applicazione dell’art. 54, sostenendo che tale diposizione troverebbe applicazione solo per il personale militare che all’atto della cessazione dal servizio non avesse ancora superato il ventesimo anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avessero superato nessuna differenziazione sussisterebbe con il restante personale dello Stato.

Siffatta interpretazione risulta palesemente errata, in quanto andrebbe a svuotare totalmente di significato il secondo comma dell’art. 54 che si ripropone di seguito “2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento di ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”: dunque, è la stessa normativa a prevedere che il coefficiente del 44% si applichi anche ai militari che abbiano un’anzianità di servizio utile oltre i venti anni, prevedendo per tale periodo in più un aumento della percentuale del 44% di 1,80% per ogni anno oltre il ventesimo.

Tale soluzione trova conferma anche nel fatto che l’art.1, comma 12, della legge 31.12.1995, n.335 (c.d. Legge “Dini”) stabilisce espressamente che la “quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 (va) calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data” e la disciplina anteriormente vigente per il personale militare era ed è, appunto, quella di cui agli artt.52-63 del D.P.R. n.1092/1973 e non quella di cui agli artt.42-51 dello stesso Testo Unico, relativa al personale civile, non applicabile, allora come ora, al personale militare, essendo questo destinatario di specifica normativa.

Di fatto, l’INPS, nel negare l’applicazione del sistema di calcolo previsto dall’art. 54 a tutti gli interessasti, compie una erronea commistione tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale affatto omologabili tra loro.

L’art. 54 detta, infatti, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.
Preme, a tal proposito, evidenziare le differenze tra la modalità di calcolo prevista per il personale civile e per il personale militare: difatti rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art. 44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44% : 15 ), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragione d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio, che come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.

Inoltre, è da intendersi che superata la soglia del 44%, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1.80 per cento per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, un dipendente militare cessato con una anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare di cui al comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quello stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.

A tal proposito, si veda la sentenza n. 2 del gennaio 2018 della Corte dei Conti della Sardegna, che, melius re perpensa, recepisce in maniera totale l’impostazione sopra proposta.

Quest’ultima chiarisce che “la disposizione di cui al comma 1 non può intendersi limitata a coloro che cessino con un massimo di venti anni di servizio (come opinato dall’INPS), atteso che esso prevede che spetti al militare l’aliquota dell’1,80% per ogni anno oltre il ventesimo. […] la disposizione non avrebbe senso qualora si accedesse alla tesi dell’Amministrazione”.

Anche la Corte dei Conti della Toscana, così come in molte altre Regioni, con la sentenza 188/2019 ha aderito a tale impostazione, riconoscendo il diritto del ricorrente al ricalcolo della pensione.

Lo stesso INPDAP, nella circolare n. 22/2009 aveva del resto chiarito che le norme andavano applicate nel senso ora detto.
Atteso quanto sopra, l’art. 54 deve trovare applicazione per la parte della pensione spettante al militare in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che, qualora già liquidata, deve essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma sopracitata.
Infine, si aggiunge anche il fatto che l’applicazione dell’art. 54 è stato fatto salvo anche dalla disciplina di riforma del sistema pensionistico, dal momento che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento dell’entrata in vigore della legge n. 335 del 1995.

Dunque, tutti gli appartenenti al comparto Difesa e Sicurezza che alla data del 31.12.1995 avevano un’anzianità di servizio utile di almeno quindici anni e non più di venti, hanno diritto all’applicazione dell’art. 54 del TU 1092/1973, con un conteggio/riconteggio della base pensionabile con l’aliquota del 44%, oltre ad un ulteriore 1,80% per ogni anno oltre il ventesimo.

AVV. ISABELLA MARTINI

Laureata in Giurisprudenza, con un tesi in Diritto amministrativo, presso la Facoltà degli Studi di Firenze nel 2002.
Dal 2006 ha avviato un proprio studio professionale in Livorno, occupandosi prevalentemente di diritto militare, sia amministrativo che penale.
Particolare attenzione, unitamente anche ai collaboratori in tutta la penisola, sta dedicando al Diritto previdenziale militare, sotto ogni profilo, dal ricalcolo delle pensioni, al riconoscimento delle dipendenze da causa di servizio, alle varie categorie di Vittime (del terrorismo, della criminalità organizzata, del dovere ed equiparati, di incidenti).
Attualmente è Consulente legale nazionale per quanto attiene il diritto militare.