DECORRENZA DELLA PRESCRIZIONE IN MATERIA DI MALATTIE PROFESSIONALI

a cura di Avv. Aldo Arena

L'azione per ottenere le prestazioni infortunistiche si prescrive nel termine di 3 anni. In via generale, detto termine decorre dalla data dell'infortunio o del manifestarsi della malattia professionale. Ciò ha aperto scenari interpretativi sul concetto e sulla collocabilità temporale della citata "manifestazione" della tecnopatia.

Va precisato che il termine di prescrizione si considera sospeso per un massimo di 150 giorni, durante il procedimento di liquidazione amministrativa della rendita. Il termine è invece interrotto dal momento della presentazione di atti amministrativi, oltre che dalla data di notificazione del ricorso giudiziale. D'altra parte, la collegiale medica convocata dall'INAIL non rientra tra gli atti idonei ad interrompere la prescrizione.

In riferimento alle malattie professionali, con sent. n. 31/91, la Corte Costituzionale ha stabilito che il termine triennale decorre in generale dalla data di consolidamento dei postumi in misura indennizzabile. Tuttavia, se il grado di indennizzabilità è stato raggiunto prima del manifestarsi della malattia, la prescrizione decorre da quest'ultima data. Viceversa, qualora il consolidamento si sia verificato successivamente alla manifestazione della malattia, si considera, quale dies a quo, il momento in cui l'inabilità permanente diviene indennizzabile con raggiungimento della relativa soglia minima.

Per quanto concerne la richiesta di rendita da parte di superstiti, la decorrenza si individua con il momento in cui uno o più fatti concorrenti diano certezza, ricavata anche da presunzioni semplici, della conoscibilità da parte dell'assicurato dell'esistenza dello stato morboso, dell'eziologia professionale e del raggiungimento della soglia legale di indennizzabilità.

In un caso recentemente posto all'attenzione della Suprema Corte, il coniuge superstite criticava la sentenza di appello nella parte in cui affermava che il medesimo avesse avuto conoscenza della derivazione causale della morte sin dall'epoca del decesso del familiare. Lamentava, inoltre, che i giudici del gravame non avevano ritenuto sospeso il termine di prescrizione per tutta la durata del procedimento amministrativo.

Il Collegio ha osservato che la manifestazione della malattia, quale dies a quo della prescrizione, può ritenersi verificata dando equilibrato rilievo all'elemento oggettivo della manifestazione ed alla consapevolezza soggettiva del lavoratore, così da non frustrare gli interventi della Corte Costituzionale, tra cui quello sopra citato. Pertanto, la consapevolezza dell'esistenza, dell'origine professionale e del grado invalidante della malattia devono essere desunti da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, quali la domanda amministrativa, nonché la diagnosi medica contemporanea, da cui la malattia sia resa riconoscibile per l'assicurato.

Deve, quindi, farsi riferimento al concetto di "conoscibilità", distinto dalla soggettiva conoscenza, e coincidente con la possibilità che l'origine professionale sia riconoscibile in base alla conoscenze scientifiche del momento. Correttamente, quindi, i giudici di merito avevano desunto detta conoscibilità dal fatto noto della presentazione di una richiesta di riconoscimento della causa di servizio.

Infine, in riferimento alla doglianza relativa alla sospensione del termine prescrizionale, è stato chiarito che detta parentesi temporale opera limitatamente al decorso dei 150 giorni previsti per la liquidazione amministrativa della prestazione. Per l'effetto, la mancata pronuncia nel termine, da parte dell'Istituto, comporta reiezione dell'istanza e conclusione del periodo sospensivo.

Conseguentemente, in forza dei succitati principi non è stato possibile riconoscere il diritto del coniuge alla percezione della rendita a superstiti.

Con sent. n. 598/16 la S.C. ha respinto il ricorso per il riconoscimento di rendita a superstite, ribadendo che il dies a quo per la decorrenza del termine triennale di prescrizione ex art. 112 D.P.R. 1124/65 coincide con la manifestazione della tecnopatia. Quest'ultima deve intendersi quale oggettiva possibilità di esistenza, con caratteri di professionalità ed indennizzabilità, sulla base delle conoscenze scientifiche del momento. Sono irrilevanti conoscenza e cultura dell'interessato.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.