La prescrizione dell’azione è sospesa per tutta la durata del procedimento amministrativo

a cura di Avv. Aldo Arena

Nei giorni scorsi, le Sezioni Unite del Supremo Collegio si sono pronunciate sull'interessante materia della prescrizione dell’azione per ottenere le prestazioni INAIL da infortuni e malattie professionali. Per comprendere la portata della citata sentenza, datata 07/05/19, occorre premettere il dato normativo oggetto di analisi.

L’art. 111 T.U. prevede che: “Il procedimento contenzioso non può essere istituito se non dopo esaurite tutte le pratiche prescritte dal presente titolo per la liquidazione amministrativa delle indennità.
La prescrizione prevista dall'art. 112 del presente decreto rimane sospesa durante la liquidazione in via amministrativa dell'indennità.
Tale liquidazione, peraltro, deve essere esaurita nel termine di centocinquanta giorni, per il procedimento previsto dall'art. 104, e di duecentodieci, per quello indicato nell'art. 83. Trascorsi tali termini senza che la liquidazione sia avvenuta, l'interessato ha facoltà di proporre l'azione giudiziaria”.

L’art. 112 co. 1 T.U. sancisce che “L'azione per conseguire le prestazioni di cui al presente titolo si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell'infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale”.

L’ordinanza interlocutoria, cui è seguita rimessione alle Sezioni Unite, ha chiesto di dirimere il contrasto sulla durata della sospensione di cui all’art. 111 citato, segnatamente chiarendo se, accanto all’effetto sospensivo per 150 (o 210) giorni, la domanda di prestazione INAIL abbia anche un effetto conservativo che perdura fino all’esito del procedimento amministrativo, come già riconosciuto dalle S.U. n. 783/99.

Il più recente orientamento affermatosi sul punto ha sostenuto che la sospensione della prescrizione triennale dell’azione operi limitatamente al decorso dei 150 o 210 giorni (in caso di revisione della rendita). La mancata pronuncia dell’Istituto nei termini indicati configurerebbe un “silenzio significativo” del diniego, con esaurimento del procedimento amministrativo e cessazione della causa di sospensione. Detto orientamento si proclamava in continuità con la pronuncia a S.U. del 1999, nel precisare che detta efficacia sospensiva non esclude la possibilità di interrompere la prescrizione anche con atti stragiudiziali, secondo le norme del codice civile. In sostanza, l’interesse dell’assicurato al prolungamento della sospensione, quando l’iter amministrativo si prolunghi oltre i citati termini, soccomberebbe di fronte all’esigenza generale di una sollecita definizione del procedimento, ferma restando la possibilità di interrompere il decorso della prescrizione con atti stragiudiziali di messa in mora, ove si reputi più conveniente attendere l’esito esplicito del procedimento amministrativo.

Il più risalente orientamento giurisprudenziale, d’altra parte, a sua volta dichiarandosi in continuità con la pronuncia a S.U. del 1999, ha ritenuto che il termine prescrizionale, interrotto dalla presentazione della domanda, cominci nuovamente a decorrere con la definizione del procedimento amministrativo di liquidazione, anche precisando che sarebbe contradditorio prevedere una fase finalizzata a prevenire i procedimenti giudiziari, impedendo poi all’assicurato di consentirne il pieno svolgimento al solo fine di tutelarsi dalla prescrizione.

La Suprema Corte ha ritenuto di dar seguito a tale orientamento, rammentando che la precedente pronuncia a Sezioni Unite aveva anzitutto qualificato il termine triennale previsto dal T.U. quale prescrizione e non decadenza, ritenendo poi che la relativa sospensione nella fase amministrativa non escludesse, ed anzi presupponesse, l’effetto interruttivo della domanda, non più istantaneo, ma conservato nel tempo. In tale meccanismo era ed è possibile ravvisare la medesima ratio sottesa al principio della perpetuatio actionis, per il quale, onde non danneggiare il titolare del diritto, gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della domanda.

È stato così nuovamente chiarito che la sospensione di cui all’art. 111 T.U. si protrae per tutta la durata del procedimento, fino ad una definizione in senso esplicitamente positivo o negativo. Il decorso dei termini di cui al co. 3 (ordinatori per l’Istituto) è utile al fine di rimuovere la condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, attribuendo all’interessato una facoltà (e non l’obbligo) di agire, quindi, appostandosi su un piano differente, il cui fine è salvaguardare l’interessato dall’inerzia dell’Istituto. Decorsi detti termini, l’INAIL può comunque adottare un provvedimento, ma il suo comportamento silente non assume un rilievo significativo.
Invero, laddove il legislatore ha inteso attribuire il significato di diniego ad una condotta inerte, ha esplicitamente qualificato detto comportamento quale silenzio rifiuto.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.