La revisione della rendita: decorrenza del termine
a cura di Avv. Aldo ArenaLa Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su di un caso in cui l’assicurato aveva chiesto ed ottenuto, in entrambi i precedenti gradi di giudizio, la revisione della rendita da infortunio per aggravamento.
Innanzi alla Suprema Corte, l’INAIL ha rilevato che la modificazione dello stato di salute del titolare si era verificato oltre il termine decennale dal momento di “costituzione della rendita”. A detta dell’Istituto, per tale dies a quo deve intendersi, non già il momento di emanazione del provvedimento costitutivo della prestazione, bensì il momento in cui l’inabilità permanente di origine professionale raggiunge la soglia minima indennizzabile, come data di maturazione del diritto alla prestazione ed anche qualora il provvedimento che la riconosce sia successivo. Per comprendere la portata della problematica in esame, occorre effettuare un breve approfondimento.
L’istituto della revisione delle rendite si ispira alla pregevole ratio di garantire corrispondenza tra il danno e l’indennizzo, anche in epoca successiva alla prima liquidazione. Conseguentemente, la misura della prestazione può variare qualora si ravvisi una diminuzione o un aumento dell’attitudine al lavoro ed in genere in seguito a modificazione delle condizioni fisiche del titolare, purché, quando si tratti di aggravamento, questo derivi dall’infortunio che ha dato origine alla liquidazione della rendita. Evidentemente, la prestazione può anche essere soppressa, qualora l’assicurato recuperi l’attitudine al lavoro nei limiti del minimo indennizzabile.
Secondo quanto previsto dall’art. 83 del D.P.R. 1124/1965 in relazione all’infortunio sul lavoro, la prima revisione può essere richiesta dall’interessato o disposta dall’Istituto solo dopo che sia trascorso un anno dalla data dell’evento o almeno sei mesi da quella di costituzione della rendita. Le successive revisioni entro il quadriennio possono essere chieste o disposte a distanza di almeno un anno l’una dall’altra. Successivamente, sono possibili due ulteriori revisioni: una alla fine del settimo anno dalla data di costituzione della rendita ed una alla fine del decimo anno dal medesimo dies a quo.
D’altra parte, per le malattie professionali la prima revisione può essere chiesta dopo sei mesi dalla cessazione dell’inabilità temporanea - se vi è sia stata - oppure dopo almeno un anno dalla data di manifestazione della malattia. Le successive revisioni possono essere effettuate solo a distanza di almeno un anno l’una dall’altra, entro il termine complessivo di quindici anni dalla data di costituzione della rendita (fanno eccezione le rendite costituite per silicosi ed asbestosi che possono essere revisionate ogni anno fino alla morte del lavoratore).
Secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, che ha peraltro superato precedenti difformi, il termine decennale dalla data di costituzione della rendita per infortunio, entro il quale è possibile procedere alla revisione, non è qualificabile né come prescrizione, né come decadenza. Invero detto termine serve unicamente a delimitare l’ambito temporale dell’aggravamento o del miglioramento delle condizioni dell’assicurato. Ciò in quanto la legge collega al trascorre del tempo una presunzione assoluta di stabilizzazione delle condizioni fisiche dell’assicurato.
Per l’effetto, l’attivazione del procedimento di revisione o l’accertamento medico-legale possono avere luogo anche oltre il termine di dieci anni, purché le modificazioni delle condizioni fisiche dell’assicurato si siano verificate entro detto limite di tempo. Secondo la medesima giurisprudenza, la “data di costituzione della rendita”, cui fa riferimento il richiamato art. 83 del D.P.R. 1124/1965 quale dies a quo dell’anzidetto termine, non deve identificarsi con l’atto formale che costituisce il diritto, avente mera natura dichiarativa, bensì con il momento in cui il diritto stesso viene a maturazione per il raggiungimento della soglia indennizzabile. Riportandosi al citato orientamento, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Istituto, considerato che nella fattispecie doveva ritenersi scaduto il termine decennale come sopra delineato.

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.