Cassazione Civile, Sez. Lav., 05 marzo 2018, n. 5066 - Stress lavorativo e rendita per inabilità permanente. Il cd. rischio specifico improprio

a cura di Avv. Mauro Dalla Chiesa

Un dipendente di una nota testata giornalista ha richiesto il riconoscimento di malattia professionale da lei contratta a causa dello stress lavorativo dovuto ad un numero elevatissimo di ore di lavoro straordinario e consistente in un grave disturbo dell'adattamento con ansia e depressione. I giudici di Primo e secondo grado rigettavano la domanda ( pur confermando l'esistenza, la natura e le cause della malattia professionale denunciata dalla ricorrente, consistente appunto in un disturbo dell'adattamento e stato depressivo con attacchi di panico), ritenendola non indennizzabile dall'Inail perché non compresa nell'ambito del rischio assicurato ex articolo 3 T.U. 1124 del 1965 che riguardava solo le malattie professionali tabéllate o non tabéllate, contratte nell'esercizio ed a causa delle lavorazioni specifiche previste in tabella; Ciò in forza del ragionamento che , la malattia era correlata a scelte di organizzazione del lavoro in ambito aziendale che non sono considerate rischio assicurato dal TU e che non risultavano suscettibili di incidere sulla determinazione del premio dell'assicurazione obbligatoria, che come in qualsiasi contratto di assicurazione, copriva, per evidenti esigenze di corrispettività, soltanto i rischi considerati;

Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con un unico articolato motivo,denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 2087 c.c., degli articoli 3 e 211 del d.p.r. numero 1124/65, dell'articolo 10, comma 4 del decreto legislativo 38/2000, dell'articolo 28 del decreto legislativo 81 del 2008, dell'Accordo Quadro Europeo dell'8/10/2004 e dell'Accordo interconfederale del 9 giugno 2008, nonché violazione dell'articolo 445 c.p.c. (in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c.); e lamenta inoltre l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ex articolo 360 comma 1 numero 5 c.p.c.); e ciò per avere la Corte d'appello negato l'indennizzabilità della malattia professionale non tabellata di natura psichica dipendente dal cosiddetto stress lavorativo, anche in base al vigente D.M. gennaio 2008 non annullato dalla sentenza n. 1576/2009 del Consiglio di Stato.

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato perché secondo un risalente e consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia, rileva non soltanto il rischio specifico proprio della lavorazione, ma anche il c.d. rischio specifico improprio; ossia non strettamente insito nell'atto materiale della prestazione ma collegato con la prestazione stessa: (per le attività prodromiche, per le attività di prevenzione, per gli atti di locomozione interna, le pause fisiologiche, le attività sindacali) ex art. 1 TU in materia di infortuni sul lavoro ; lo stesso orientamento è stato riaffermato, a proposito dell'art. 3 TU e delle malattie professionali, nella sentenza n. 3227/2011, con la quale la protezione assicurativa è stata estesa alla malattia riconducibile all'esposizione al fumo passivo di sigaretta subita dal lavoratore nei luoghi di lavoro, situazione ritenuta meritevole di tutela ancorché, certamente, non in quanto dipendente dalla prestazione pericolosa in sé e per sé considerata (come "rischio assicurato"), ma soltanto in quanto connessa al fatto oggettivo dell’esecuzione di un lavoro all'Interno di un determinato ambiente; la Suprema Corte ha pure richiamato l’'art. 12 del d.lgs. 38/2000, il quale esclude in realtà qualsiasi rilevanza all'entità professionale del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l'infortunato sia addetto; apprestando tutela ad un rischio generico (quello della strada) cui soggiace, in realtà, qualsiasi persona che lavori. Ulteriore estensione dell'ambito della tutela assicurativa è stata realizzata sulla scorta della nozione centrale di rischio ambientale, che vale oggi a delimitare tanto oggettivamente le attività protette dall'assicurazione (lo spazio entro il quale esse si esercitano, a prescindere dalla diretta adibizione ad una macchina); quanto ad individuare i soggetti che sono tutelati nell'ambito dell'attività lavorativa (tutti i soggetti che frequentano lo stesso luogo a prescindere dalla "manualità" della mansione ed a prescindere dal fatto che siano addetti alla stessa macchina); in conformità al principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale secondo cui a parità di rischio occorre riconoscere parità di tutela .

Ancora la Corte richiama la nota sentenza della Corte Cost. n. 179/1988 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma primo, del testo unico numero 1124 del 1965 nella parte in cui non prevede l’indennizzo delle c.d. malattie non tabellate. e che, di legge; e ribadisce che tale interpretazione è oggi confermata testualmente dall'art. 10 comma 4 Legge 2000 n. 38 dal quale risulta che "sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale"; pertanto sono da ritenersi indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l'organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione; dovendosi ritenere incongrua una qualsiasi distinzione in tal senso, posto che il lavoro coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni, sottoponendola a rischi rilevanti sia per la sfera fisica che psichica (come peraltro prevede oggi a fini preventivi l'art. 28, comma 1 del tu. 81/2008).

AVV. MAURO DALLA CHIESA

Laureato in Giurisprudenza all’Università Statale di Milano è iscritto all’Albo degli Avvocati del Foro di Varese e patrocinante innanzi la Corte di Cassazione ed alle giurisprudenze Superiori. Dal 1992 si occupa in particolare di diritto del lavoro con riferimento ad infortuni sul lavoro e malattie professionali, in collaborazione con ANMIL. Ha maturato un’importante esperienza nel settore patrocinando molti infortunati invalidi del lavoro in tutte le vertenze di categoria. Attualmente è fiduciario delle sedi ANMIL di Gallarate, Varese, Verbania, Biella, Novara ed è consulente legale nazionale dello stesso Patronato. E’ autore di pubblicazioni sul sito internet dell’ANMIL, “Obiettivo Tutela” e collabora con il mensile “Vita”.