MALATTIE TABELLATE E TERMINE DI INDENNIZZABILITÀ

a cura di Avv. Aldo Arena

Il nostro ordinamento giuridico tutela due tipologie di malattie professionali: tabellate e non tabellate, così detto sistema misto. Le prime, indicate in due tabelle (una per l’industria e una per l’agricoltura allegati 4 e 5 del T.U. n.1124/1965), sono provocate da lavorazioni indicate nelle stesse tabelle e denunciate entro un determinato periodo dalla cessazione dell’attività rischiosa, fissato nelle medesime (“periodo massimo di indennizzabilità”). Le seconde sono individuate con la loro denominazione scientifica, ma sono causate da attività lavorative non incluse nella citata tabella.
Il principio di tutela misto è stato stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 179/1988 che ha sancito il sistema misto di valutazione delle malattie professionali. Sull’argomento è intervenuto l’art. 10 del Decreto Legislativo n. 38/2000 il quale ha consentito di adeguare tempestivamente le tabelle delle malattie professionali allegate al Testo Unico.
Le malattie tabellate godono di una presunzione legale sull’origine professionale. Il lavoratore deve, quindi, provare soltanto lo svolgimento di mansioni rientranti nell’ambito delle lavorazioni contemplate in tabella, nonché l’esistenza di una malattia espressamente prevista.
Per le malattie non tabellate, l’assicurato deve dimostrare l’esistenza della malattia, le caratteristiche morbigene della lavorazione svolta, nonché il rapporto causale tra la malattia ed il lavoro concretamente svolto.
Qualora il lavoratore contragga una malattia prevista in tabella, ma la denunci oltre i termini massimi di indennizzabilità, potrà comunque fruire della presunzione legale, ma deve dimostrare, con valida documentazione medica, che la tecnopatia si sia manifestata entro detti termini.
Tale premessa si è resa necessaria per introdurre il caso di un nostro assistito, artigiano piastrellista e posatore di pavimenti, il quale ha adito l’autorità giudiziaria chiedendo il riconoscimento della malattia professionale c.d. “Sindrome di Raynaud”.
In detta fattispecie, l’attività lavorativa è cessata nel dicembre 2009. Nel novembre 2010, l’INAIL ha richiesto all’assicurato di effettuare ulteriori accertamenti, traenti origine da una pratica in fase di istruttoria per “Sindrome del tunnel carpale”, poi regolarmente riconosciuta. Al termine degli approfondimenti diagnostici, in data 16/03/2011, la Medicina del Lavoro ha certificato e segnalato anche la “Sindrome di Raynaud”. L’INAIL, tuttavia, ha definito negativamente il caso, sostenendo che la malattia de qua si fosse manifestata oltre il termine massimo di un anno dalla cessazione dell’attività lavorativa. Ritenendo quindi che il caso si trovasse fuori dal quadro di operatività della presunzione legale, l’Istituto ha eccepito l’assenza di istanze istruttorie da parte del ricorrente.
Il tema centrale del giudizio, pertanto, è stato verificare se già nel novembre 2011, nel termine annuale dalla cessazione del lavoro, vi fosse o meno nel lavoratore un quadro clinico compatibile con la “Sindrome di Raynaud”. Peraltro, nella relazione sanitaria del periodo in questione, emergeva quale sintomo la sovente sensazione di freddo alle estremità delle mani.
Il CTU nominato ha accertato l’esistenza della Sindrome in questione, causalmente ricollegabile all’attività lavorativa svolta per quarantacinque anni dal ricorrente con uso di strumenti vibranti. Il Medico ha altresì evidenziato che in occasione della visita effettuata presso la Medicina del Lavoro nel novembre 2011 era emersa la sintomatologia tipica della malattia e che, pur in presenza di un’effettiva diagnosi successiva di tre mesi, è possibile affermare che la sindrome fosse già presente entro l’anno dalla cessazione dell’attività.
Il Giudice del Lavoro ha recepito dette conclusioni medico-legali in sentenza, dando anche rilevanza al fatto notorio tale per cui l’attività di piastrellista comporta l’uso di strumenti vibranti e questi, a loro volta, l’esposizione degli arti a simili patologie. Conseguentemente, il Tribunale ha accertato il diritto del ricorrente alle provvidenze di legge, condannando l’Istituto e, quindi, risolvendo positivamente il caso in analisi.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.