La patologia lombare: malattia professionale del carrellista

a cura di Vittorio Glassier

I carrelli elevatori fanno parte di un’attrezzatura ampiamente impiegata negli stabilimenti industriali e nei magazzini per la movimentazione di materiali e merci. I rischi di danno alla salute a cui vanno incontro i carrellisti sono soprattutto collegati con l’esposizione prolungata nel tempo a vibrazioni trasmesse al corpo intero. Tra l’altro, i conducenti dei carrelli elevatori svolgono spesso esclusivamente questa mansione, risultando così esposti a vibrazioni in misura quasi continua per l’intero turno di lavoro.
Le vibrazioni sono generate dalla simultaneità di azione di diversi fattori, quali:
- le accelerazioni e le decelerazioni su strutture semoventi sprovviste di sospensioni per motivi legati alla loro operatività;
- la tipologia di ruote montate sui carrelli, se piene o pneumatiche;
- la disuniformità della superficie su cui il carrello opera;
- il carico;
- la tipologia di motore, se elettrico o a combustione interna.
Senza dimenticare che il tutto può essere potenziato dall’inadeguatezza dei sedili montati sui carrelli.
La postura è caratterizzata dalla posizione assisa prolungata del carrellista e da uno spazio limitato. Il posto di guida non è confortevole: la visibilità in avanti è ridotta a causa delle guide per le forche e a causa del carico, per cui spesso il carrellista deve inclinarsi di lato; per questo motivo viene talvolta preferita la retromarcia, anche se essa comporta movimenti incongrui e ripetuti del tronco e del collo (rotazione e flessione).
Il risultato di questa “condizione” lavorativa è un maggiore rischio di insorgenza di disturbi e lesioni a carico della colonna vertebrale, in particolare del tratto lombosacrale. Infatti, i dati epidemiologici attualmente disponibili depongono per una maggiore frequenza di lombalgie, alterazioni degenerative precoci della colonna vertebrale, discopatie o ernie discali lombari e/o lombosacrali nei soggetti professionalmente esposti a vibrazioni rispetto a chi non lo è.
Comunque, questo rischio è ben conosciuto e considerato degno di assicurazione INAIL. Infatti, la voce 77 della vigente Tabella delle malattie professionali riporta l’ernia discale lombare, associandola alle lavorazioni che sono svolte in modo non occasionale con macchine che espongono a vibrazioni trasmesse al corpo intero: macchine movimentazione materiali vari, trattori, gru portuali, carrelli sollevatori (muletti)

In conclusione, si possono tracciare le caratteristiche del “carrellista tipo”, che si presenta in Patronato per il riconoscimento di una patologia che sospetta essere malattia professionale. Esse sono:
- un’età di 40 - 50 anni (età ancora giovane);
- un’occupazione nella sua azienda con la mansione di carrellista da circa 10 anni, o anche meno;
- una più o meno moderata patologia a carico della colonna vertebrale lombare, diagnosticata come discoartrosi multiple ed ernia lombare.
L’intervento di Patronato per il riconoscimento presso l’INAIL della malattia professionale deve essere fatto sempre il più presto possibile, stante l’esiguo tempo massimo dalla cessazione della lavorazione (un anno) previsto nella tabella.

Vittorio Glassier

Dipendente del Patronato Acli dal 1978 al 2013, data della pensione. Dal gennaio 2014 consulente del Patronato Anmil in materia di INAIL, disabilità e invalidità. Si è sempre occupato dei diritti previdenziali e assistenziali connessi agli stati di invalidità, con particolare riguardo alle materie dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, della prevenzione antinfortunistica, delle invalidità civili e delle tutele ex Legge 104. Dal 2007 al 2008 ha fatto parte della Commissione Senato di inchiesta sulle “morti bianche”. Autore di diverse pubblicazioni.