Il permesso di lavoro per motivi personali non interrompe il nesso eziologico dell’infortunio in itinere

a cura di Avv. Aldo Arena

Nella recente ordinanza n. 18659 dell’8 settembre 2020, la Suprema Corte ha cassato una sentenza della Corte di appello di Venezia che aveva escluso la sussistenza di un infortunio in itinere per un lavoratore che, al termine di un permesso ottenuto per motivi personali, moriva a causa di un incidente stradale occorso nel tragitto casa-lavoro.

Il giudice di secondo grado aveva motivato tale decisione, in accoglimento delle istanze dell’INAIL, sul presupposto per il quale la fruizione di un permesso per motivi personali rientra tra i casi di interruzione del nesso eziologico tra l’infortunio e l’attività lavorativa.

La parte interessata ha, quindi, adito i giudici di ultimo grado per vedere riconosciute, a sé ed alle proprie figlie, le prestazioni per superstiti erogate dall’Ente.

La Corte ha dapprima analizzato il contenuto dell’art. 2 del T.U., così come modificato dall’art. 12 D.Lgs n. 38/2000, il quale prevede che “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”.

Il nesso non si esclude, quindi, quando l’interruzione dal lavoro sia dovuta a “cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti”.

All’opposto, il nesso si interrompe, escludendo qualsiasi riconoscimento assicurativo, nel caso in cui l’infortunio sia dipeso dall’abuso di sostanze allucinogene, alcoliche, stupefacenti e qualora il lavoratore si sia sobbarcato il cosiddetto rischio elettivo, ossia abbia volutamente ed arbitrariamente creato una situazione diversa da quella legata al cosiddetto “percorso normale”.

A tali fattispecie va aggiunta quella, che interessa il caso de quo, secondo la quale il nesso eziologico si interrompe anche nel momento in cui il lavoratore interrompa lo svolgimento dell’attività lavorativa per cause del tutto indipendenti dal lavoro.

A differenza di quanto affermato nel giudizio di gravame, la Suprema Corte ha sottolineato come, al pari delle pause lavorative o dei riposi, lo scopo dei permessi per motivi personali sia quello di garantire al dipendente, previe richiesta e successiva approvazione datoriale, la possibilità di soddisfare esigenze - siano esse fisiche, mentali o di necessità - personali. Ebbene, essendo riconosciuta nei casi di primo tipo la tutela assicurativa in caso di malcapitato infortunio in itinere, la medesima tutela deve essere garantita ove l’incidente si verifichi all’inizio o al termine della fruizione di un permesso.

Ecco che se il lavoratore, percorrendo il normale tragitto casa-lavoro o lavoro-casa, dovesse infortunarsi sarà tutelato dall’assicurazione obbligatoria con conseguente successione nel credito per i superstiti in caso di decesso.

Va da sé che nel caso in cui, invece, il lavoratore dovesse compiere una deviazione, non necessaria, del percorso casa-lavoro o lavoro-casa, la tutela INAIL dovrà essere esclusa in ragione della sussistenza di un rischio elettivo di cui il lavoratore si è fatto arbitrariamente carico.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.