Non sussiste, per l’assicurato, un obbligo di specifica individuazione della patologia

a cura di Avv. Aldo Arena

Come era possibile inferire anche dalla Sent. n. 601/18 del Tribunale di Bergamo, di cui al precedente articolo pubblicato sul presente Notiziario, la Suprema Corte di Cassazione, con Sent. n. 17684 del 05/07/2018, ha chiarito che, in tema di malattia professionale, l’assicurato che agisca per ottenere i benefici previdenziali INAIL può limitarsi a manifestare la propria sintomatologia, o i fatti morbosi accertati, adducendo i possibili agenti patogeni cui il lavoro l’ha esposto, senza essere tenuto a specifica indicazione del “nomen” della patologia conseguita. Quest’ultima, infatti, ben può essere definita attraverso le attività peritali e decisionali del processo.

Peraltro, non è richiesto un giudizio di assoluta certezza della diagnosi in quanto la valutazione della derivazione causale deve essere svolta secondo il noto criterio probabilistico.

Nel caso oggetto di giudizio, la Corte d’Appello aveva riformato la decisione del Tribunale, che, a sua volta, aveva accolto la domanda del ricorrente finalizzata ad ottenere l’accertamento dell’eziologia professionale della fibrosi polmonare da cui era affetto.

In causa è stato acquisito il dato per cui l’asbestosi è una forma di fibrosi, caratterizzata dal derivare da esposizione ad amianto, mentre si parla di fibrosi idiopatica, generalmente a decorso più rapido, in caso di genesi ignota.

La Corte d’Appello aveva ritenuto che non potessero essere avallate le conclusioni peritali, svolte anche in secondo grado e non difformi da quelle del primo, secondo cui si poteva ragionevolmente supporre che la fibrosi polmonare fosse derivata da esposizione lavorativa ad asbesto. Ciò in quanto, sarebbe stata impossibile una diagnosi precisa, non essendo stato effettuato un prelievo di tessuto polmonare ed avendo il ricorrente fatto riferimento ad una fibrosi polmonare diffusa e non, in specifico, ad asbestosi.

La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorrente, nell’agire lamentando una fibrosi polmonare diffusa, non ha escluso che essa potesse derivare da esposizione ad amianto. Specialmente in situazione di incertezza diagnostica, non può essere preteso dal ricorrente una specifica allegazione del nomen della patologia reliquata, che ben può essere precisata attraverso gli strumenti processuali.

A ciò deve aggiungersi che, com’è noto, in ambito civilistico il giudizio di derivazione causale di un evento da un altro evento deve essere svolto su base probabilistica e secondo la regola della preponderanza dell’evidenza, nonché del “più probabile che non”.

Per l’effetto, il criterio di assoluta certezza della diagnosi prospettato dalla Corte territoriale non è risultato corretto ed ha indotto a cassare la sentenza con rinvio al Giudice territoriale.

Si può affermare che il Tribunale di Bergamo, con la già analizzata Sent. n. 601/18, ha fatto corretta applicazione del medesimo principio, giungendo all’accertamento del diritto allegato, a seguito del giudizio probabilistico di cui all’elaborato peritale, pur in assenza, all’origine, di un dato istologico.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.