Rivalsa INAIL e concorso di colpa del de cuius: criteri di liquidazione

a cura di Avv. Aldo Arena

Quali sono i criteri per la quantificazione del danno risarcibile - in forza di surroga dell’INAIL - per un infortunio in itinere mortale, anche dovuto a concorso di colpa dell’assicurato?

A questo articolato quesito ha compiutamente risposto una recente sentenza di merito emessa dal Tribunale di Bergamo (e, segnatamente la n. 506/2019), logicamente fondata su principi consolidati in materia.

Nel caso di specie, l’INAIL aveva chiesto l’accertamento della responsabilità esclusiva del veicolo rimasto ignoto nella causazione del sinistro determinante il decesso dell’assicurato, oltre alla condanna della convenuta al pagamento di un importo pari a quanto erogato e da erogarsi alla moglie de cuius.

Il Giudice di prime cure, facendo leva sulla rilevabilità d’ufficio della corresponsabilità ex art. 1227 co. 1 c.c. - a fronte della tardiva costituzione di parte convenuta - ha accertato un’imputabilità del sinistro al de cuius per il 20%, in ragione della velocità inadeguata ai luoghi ed eccessiva. Invero, l’assicurato, a fronte del sorpasso da parte del veicolo ignoto, aveva compiuto una manovra di emergenza, perdendo il controllo del mezzo in assenza di velocità adeguata.

Orbene, ciò premesso, il Giudice ha appurato che il danno risarcibile attiene anzitutto alla perdita patrimoniale subita dalla moglie, per la contribuzione reddituale del de cuius venuta meno in seguito al decesso.

Paiono completi i criteri di liquidazione, esaustivamente argomentati in primo grado, superata ogni questione sull’uso necessitato del mezzo privato.

Segnatamente, occorre considerare la natura esclusivamente patrimoniale del pregiudizio indennizzato con la rendita a superstiti, di cui all’art. 85 del D.P.R. n. 1124/1965, con la consequenziale esclusione di ogni surroga sul versante non patrimoniale. È necessario, quindi, far riferimento al reddito medio annuo della vittima, procedendo ad una liquidazione senza capitalizzazione - semplicemente sommando i redditi perduti - per il periodo precedente la sentenza, in quanto non costituente danno futuro.

Occorre, per l’effetto, procedere ad applicare il sistema della capitalizzazione per il periodo decorrente dalla sentenza medesima, aumentando equitativamente il reddito posto a base del calcolo, per tener conto di presumibili incrementi reddituali che il lavoratore avrebbe ottenuto se fosse rimasto in vita.

In particolare, in ottemperanza a quanto chiarito dalla Suprema Corte, occorre moltiplicare il reddito perduto dalla vittima per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie che corrisponda all’età del più giovane tra il de cuius ed il superstite.

Seguendo l’orientamento parso più convincente, in quanto aggiornato a dati attuali, devono prediligersi i coefficienti di capitalizzazione diffusi dal CSM ed allegati agli atti dell’Incontro di studio svoltosi a Trevi il 30/06-01/07/1989.

Occorre, quindi, procedere a detrarre la “cosiddetta quota sibi”, nel caso di specie valutata al 50%, in considerazione della mancanza di altri membri del nucleo familiare diversi dalla moglie, visto il maggior reddito percepito dalla stessa ed in assenza di altri elementi di valutazione.

Infine, si è logicamente decurtato dagli importi ottenuti il 20% relativo all’accertata corresponsabilità ex art. 1227 co. 1 c.c., anche applicando i principi consolidati in tema di rivalutazione e decorrenza degli interessi, quindi nell’impossibilità di rivalutare il danno futuro rispetto alla sentenza emessa.

La pronuncia analizzata risulta pertanto una buona guida per rispondere esaustivamente al quesito posto in esordio.

AVV. ALDO ARENA

Laureato in Giurisprudenza, iscritto all’Albo degli Avvocati di Bergamo ed all’Albo Cassazionisti dal 2004. Ha un proprio studio professionale a Bergamo. Si occupa tra l’altro di diritto previdenziale ed assistenziale, di diritto penale e responsabilità civile per infortuni sul lavoro e malattie professionali, oltre che di contrattualistica in materia di diritto del lavoro.