Il trattamento fiscale delle somme percepite a titolo di risarcimento del danno differenziale derivante da infortunio sul lavoro
a cura di Avv. Mauro Dalla ChiesaSpesso, allorché il lavoratore - che abbia agito in giudizio contro il proprio datore di lavoro per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale conseguito ad infortunio, ovvero che abbia promosso giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, a seguito di rigetto dell’istanza di ammissione al fallimento del proprio datore di lavoro, sempre per il credito relativo al risarcimento del danno non patrimoniale derivato da infortunio - raggiunga una definizione amichevole della vertenza (sottoscrivendo il verbale di conciliazione), ovvero ancora in sede di distribuzione all’attivo fallimentare (in caso di ammissione del credito del lavoratore allo stato passivo), si pone il problema dell’erogazione della somma (dovuta appunto a titolo di risarcimento) al netto o al lordo delle imposte sul reddito.
Il tema, di grande attualità nella prassi, merita di essere attentamente analizzato, anche perché spesso i professionisti, che assistono le controparti, e più ancora i curatori fallimentari, non conoscono o fanno finta di non conoscere la disciplina di legge vigente. Il quadro normativo di riferimento, nel quale collocare la soluzione della nostra questione, è costituito dagli artt. 6, 17, 49 e 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) approvato con il D.P.R. 22/12/1986 n. 917, nell'ultima versione vigente. Vediamo cosa prevedono questi articoli.
L’art. 49 contenente, innanzitutto, la nozione di reddito di lavoro dipendente, stabilisce che sono considerati tali, i redditi derivanti da rapporti aventi ad oggetto la prestazione di lavoro subordinato, prestato con qualsiasi qualifica, a cui sono equiparati le pensioni e gli assegni ad esse assimilati, nonché le somme di denaro per crediti di lavoro comprensive degli interessi legali (art. 429 ultimo comma c.p.c.).
L’art. 6 comma 2 del TUIR, poi, dispone che le somme percepite in sostituzione di redditi e le indennità conseguite (pertanto, ad esempio, l'indennità di cassa integrazione, l'indennità di disoccupazione, l'indennità di mobilità, l’indennità di malattia o maternità, ecc…), anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti e sono assoggettati a tassazione come redditi di lavoro dipendente (cfr. anche messaggio INPS 29/03/2006 n.9706). Alla stessa stregua, a seguito della modifica operata alla medesima norma dall'art. 1 comma 1 lett. a) del D.L. n. 557/1993 (convertito nella Legge n. 133/1994), costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui sono maturati gli interessi moratori e quelli per dilazione di pagamento.
La determinazione del reddito di lavoro dipendente è poi effettuata secondo le disposizioni previste dall’art. 51 del TUIR, concorrendovi tutte le somme e i valori (beni e servizi) che il dipendente percepisce nel periodo d'imposta, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, e quindi tutte quelle somme che siano in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro, anche se non provenienti direttamente dal datore di lavoro. Ad esempio, quindi, vi rientrano, lo stipendio, ed il salario, oppure i trattamenti accessori quali straordinario, mensilità aggiuntive, gratifiche e comunque tutti quei compensi che adempiono a tali funzioni, oppure i premi una tantum e periodici, i compensi incentivanti, quelli in natura, le erogazioni liberali in denaro e in natura, ed anche, infine, le indennità per licenziamento ingiustificato dei lavoratori dipendenti, perché devono intendersi di natura retributiva o comunque tendenti a risarcire un lucro cessante.
Nella determinazione dei redditi da lavoro dipendente, vi rientrano anche le somme erogate discrezionalmente dal datore di lavoro ai propri dipendenti in occasione di infortuni professionali (art. 23 del D.P.R. n. 600/1973), nonché le somme e i valori, comunque percepiti, a seguito di transazioni, anche novative, intervenute in costanza di rapporto di lavoro o alla cessazione dello stesso.
Ora, fermo tutto quanto sopra, è innegabile che l'art. 6 del TUIR, nell'assimilare il risarcimento del danno per perdita di reddito al reddito sostituito, escluda però espressamente dalla stessa nozione,come visto, il risarcimento del danno per la parte destinata a reintegrare il patrimonio del percettore, a seguito di perdite (o spese sostenute), vale a dire il così detto danno emergente, mentre assoggetta ad imposta sul reddito delle persone fisiche, come redditi perduti, i risarcimenti, o meglio, gli indennizzi risarcitori, del lucro cessante, in quanto veri e propri emolumenti sostitutivi di un reddito che il danneggiato non ha potuto conseguire per effetto dell'evento lesivo, ponendo un’eccezione solo per quei risarcimenti dipendenti da invalidità permanente o morte.
Pertanto, a norma dell'articolo 6 comma 2 del TUIR, non possono considerarsi reddito imponibile in capo al lavoratore, quelle somme che questi percepisce a titolo di risarcimento, ad esempio, di danni alla salute o alla sua personalità morale, in quanto – ovviamente - sofferti a causa di infortuni sul lavoro: è la stessa ragione per cui non possono farsi rientrare nella nozione di reddito di lavoro dipendente quelle somme erogate dal datore di lavoro dirette ad integrare perdite patrimoniali del lavoratore derivanti dallo svolgimento dell'attività lavorativa.
Appare innegabile, quindi, che sempre l’articolo 6 comma 2 del TUIR detti un principio generale, laddove distingue tra risarcimento del lucro cessante e risarcimento del danno emergente, escludendo quest'ultimo dall'imponibile, conformemente al precetto di cui all'art. 53 Cost.
In tal senso si è pronunciata anche la giurisprudenza affermando che l’art. 32 comma 1 del D.L. 23/02/1995 n. 41 (convertito in L. 22/03/95 n. 85, con cui era stata introdotta l’attuale formulazione dell’articolo 17, lett. a) TUIR) non ha apportato alcuna innovazione ai principi sanciti dall’art. 6, comma 2 del TUIR, in materia di esclusione dalla nozione di reddito delle somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno emergente, essendosi tale norma limitata a prevedere una particolare modalità di tassazione separata solo per quelle somme che costituiscono reddito imponibile secondo i principi generali.
In definitiva, dunque, le somme erogate, a seguito di transazioni di controversie di lavoro, costituiscono reddito imponibile ma, eccezion fatta per le somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno emergente, quale è il risarcimento del danno biologico e morale per infortunio sul lavoro? I datori di lavoro o i curatori fallimentari potrebbero obiettare che la transazione che ha concordato l’erogazione di una certa somma con la specifica causale “risarcimento del danno non patrimoniale” (ovvero biologico o morale) non sarebbe opponibile all'amministrazione finanziaria ai fini dell’accertamento del corretto adempimento delle obbligazioni tributarie delle parti e che, quindi, in caso di contestazioni dell’ufficio tributario, graverebbe poi sulle parti stesse l’onere di fornire la prova dell’effettiva esistenza di tale danno, non potendo considerarsi sufficiente, a riguardo, il mero contenuto dell’accordo transattivo, ancorché contenuto in un verbale di conciliazione sottoscritto innanzi al giudice del lavoro.
Si potrebbe a tal punto replicare che l’eventuale accertamento tributario per l’omessa ritenuta di acconto si scontrerebbe con la presenza di solido materiale probatorio (in primis sanitario, e spesso anche di provenienza INAIL) che certamente sarà stato acquisito al procedimento definito in via amichevole (perché in difetto di prove, ovviamente, la controparte del lavoratore non avrebbe riconosciuto alcun genere di risarcimento).
Ma, in ogni caso, per rendere l’erogazione del risarcimento ancor più trasparente, di fronte ad un eventuale accertamento fiscale, è buona norma indicare nella transazione che al lavoratore viene corrisposta una somma netta, in quanto, come ampiamente illustrato, non assoggettabile ad imposta sul reddito.

Laureato in Giurisprudenza all’Università Statale di Milano è iscritto all’Albo degli Avvocati del Foro di Varese e patrocinante innanzi la Corte di Cassazione ed alle giurisprudenze Superiori. Dal 1992 si occupa in particolare di diritto del lavoro con riferimento ad infortuni sul lavoro e malattie professionali, in collaborazione con ANMIL. Ha maturato un’importante esperienza nel settore patrocinando molti infortunati invalidi del lavoro in tutte le vertenze di categoria. Attualmente è fiduciario delle sedi ANMIL di Gallarate, Varese, Verbania, Biella, Novara ed è consulente legale nazionale dello stesso Patronato. E’ autore di pubblicazioni sul sito internet dell’ANMIL, “Obiettivo Tutela” e collabora con il mensile “Vita”.