I presupposti dell’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del lavoratore indennizzato dall’INAIL

a cura di Avv. Mauro Dalla Chiesa

Quando accade un sinistro stradale definito in itinere, qualora avvenga nel tragitto dall’abitazione verso il luogo di lavoro o in senso contrario, ove l’INAIL abbia indennizzato il lavoratore danneggiato, esso ha il diritto di surrogazione nei confronti del garante assicurativo del responsabile civile (art. 28 della Legge n. 990/1969, sostituito dall’art. 142 del D.Lgs. n. 209/2005, c.d. Codice delle Assicurazioni Private, che prevede che “[…]Prima di provvedere alla liquidazione del danno, l’impresa di assicurazione è tenuta a richiedere al danneggiato una dichiarazione attestante che lo stesso non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie. Ove il danneggiato dichiari di avere diritto a tali prestazioni, l’impresa di assicurazione è tenuta a darne comunicazione al competente ente di assicurazione sociale e potrà procedere alla liquidazione del danno solo previo accantonamento di una somma idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare […]”).

Ma cosa succede nel caso in cui l’assicurazione del responsabile civile (ovvero della persona che ha causato il sinistro) abbia risarcito direttamente il lavoratore danneggiato, e questi abbia omesso di dichiarare di avere diritto a prestazioni indennitarie a carico dell’INAIL?

Sulla questione vi sono assai pochi precedenti di merito, e pertanto si ritiene di segnalare una recente decisione della Corte d’Appello di Milano, che ha chiarito a quali condizioni l’INAIL possa pretendere di ottenere il risarcimento dal lavoratore.

La vicenda, da cui trae origine la sentenza in esame, risale al 2000 e riguarda un’infermiera che, mentre si stava recando al lavoro veniva investita da un’automobile. L’INAIL le indennizzò quanto dovuto per l’inabilità temporanea per un periodo di 167 giorni, riconoscendole, inoltre, una rendita per le conseguenze invalidanti permanenti, nella misura di 25 punti.

Nel 2001 la lavoratrice danneggiata, con l’assistenza del proprio avvocato, raggiungeva un accordo con l’assicurazione dell’automobilista (danneggiante), omettendo però di dichiarare nell’atto di quietanza di essere beneficiaria di prestazioni da parte di enti di assicurazione sociale (l’INAIL).

Nel 2005 l’INAIL propose ricorso davanti al Giudice del Lavoro di Varese, chiedendo la condanna della lavoratrice alla restituzione delle somme percepite dall’Istituto e la revoca del provvedimento di costituzione di rendita. La tesi dell’Istituto era la seguente: omettendo di dichiarare di avere diritto a prestazioni da parte dell’INAIL, la lavoratrice avrebbe precluso all’Istituto la possibilità di esercitare la surroga nei confronti dell’assicurazione del danneggiante, ed altresì, avendo percepito sia l’indennizzo dall’INAIL che il risarcimento dall’assicurazione del danneggiante, avrebbe ottenuto quello che si definisce un ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.), avendo incassato anche somme di spettanza dell’INAIL. L’Istituto qualificava la propria azione come surroga cosiddetta ordinaria ex art. 1916 del Codice Civile.

La lavoratrice, revocato il mandato al precedente difensore, si rivolse all’ANMIL per essere assistita e la tesi contrapposta alla domanda dell’INAIL fu la seguente: anche ove si fosse potuta ritenere preclusa per l’INAIL l’azione di surroga, la domanda esperita nei confronti della lavoratrice avrebbe dovuto essere corredata dall’allegazione e dalla prova di elementi ulteriori, vale a dirsi: 1) del fatto che se l’INAIL avesse potuto agire contro l’assicurazione del danneggiato avrebbe potuto ottenere una condanna del medesimo (c.d. an debeatur); 2) la precisa determinazione delle somme che, in tale ipotesi, avrebbe potuto ottenere (c.d. quantum debeatur). L’Istituto si era invece limitato a produrre le fotocopie della dichiarazione di quietanza e del prospetto di liquidazione dell’indennizzo.

Il difensore dell’infermiera sosteneva inoltre che in ogni caso non potesse essere revocato il provvedimento di costituzione di rendita.

Il Giudice del Lavoro considerò fondate le eccezioni proposte dalla difesa della lavoratrice e, conseguentemente, rigettò il ricorso dell’INAIL.

L’Istituto fece appello modificando in parte la propria linea difensiva: anziché l’art. 1916 c.c., invocò ora l’art. 28 della Legge n. 990/1969 (norma vigente ratione temporis), sostenendo che, in forza di tale norma, gli enti di assicurazione sociale godrebbero di una tutela privilegiata, per la quale, nel caso in cui il lavoratore indennizzato ometta di dichiarare all’assicurazione del danneggiante di aver percepito prestazioni dall’ente medesimo, allora tutte le somme da quest’ultimo erogate sarebbero ripetibili, sempre per il fatto che il lavoratore si sarebbe ingiustamente arricchito attraverso una duplicazione del risarcimento.

La nostra associata resisteva chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado, deducendo innanzitutto la nullità dell’atto d’impugnazione perché fondato su di una norma neppure citata nel ricorso del primo grado; e sostenendo, nel merito, che i motivi addotti dall’INAIL investivano solo il profilo, meramente preliminare, ai fini della domanda proposta della preclusione dell’azione di surroga, mentre nulla era stato detto su quanto precisato dal Giudice del Lavoro in merito ai presupposti di accoglimento dell’azione di ingiustificato arricchimento.

La decisione della Corte d’Appello di Milano ha accolto integralmente i rilievi svolti dalla lavoratrice, ma ha anche colto l’occasione per aggiungere che: 1) in nessun caso gli interessi recuperatori dell’INAIL possono pregiudicare il diritto del lavoratore all’indennizzo da parte dell’assicurazione sociale; 2) per l’accoglimento dell’azione di ingiustificato arricchimento, esperita nei confronti del lavoratore, è necessario un terzo elemento (oltre ai 2 già specificati dal Giudice del Lavoro in primo grado), ovvero l’INAIL deve allegare e provare che le somme che il lavoratore ha percepito dall’Istituto coprono gli stessi danni risarciti dall’assicurazione del responsabile civile.

Quindi sull’INAIL incombe un onore probatorio decisamente consistente, risultando pertanto del tutto infondate le pretese restitutorie nel caso in cui l’Istituto si limiti a dedurre che il comportamento del lavoratore abbia precluso l’azione di surroga.

Deve comunque essere tenuto presente, per evitare di dover affrontare lunghi e sempre incerti iter giudiziali (ad esempio, il giudizio di cui si è detto sopra, fra primo e secondo grado, ha avuto una durata di 7 anni), che il lavoratore che raggiunga un accordo con il garante assicurativo del danneggiante per il risarcimento del danno, deve dichiarare per legge (in particolare per l’art. 142 del Codice delle Assicurazioni Private), nella transazione o nella quietanza di pagamento, se percepisce o comunque se ha diritto a prestazioni da parte delle c.d. assicurazioni sociali (fra cui ovviamente quelle INAIL). E, in caso di risarcimento per il c.d. danno differenziale, è opportuno che sia inserita la clausola “rivalsa INAIL, se ed in quanto dovuta, a carico del solvente”.

Nel caso dell’infermiera nostra associata, a fronte di un indennizzo erogato per complessivi € 40.000,00, l’INAIL nel 2005 (epoca del deposito del ricorso di primo grado) aveva richiesto la restituzione della somma di € 55.000,00 (comprendente le prestazioni già erogate e il valore capitalizzato della rendita).

Somma dunque che a suo tempo fu fonte di non poche preoccupazioni per la lavoratrice ma che, di fatto, non è mai stata costretta a pagare.

AVV. MAURO DALLA CHIESA

Laureato in Giurisprudenza all’Università Statale di Milano è iscritto all’Albo degli Avvocati del Foro di Varese e patrocinante innanzi la Corte di Cassazione ed alle giurisprudenze Superiori. Dal 1992 si occupa in particolare di diritto del lavoro con riferimento ad infortuni sul lavoro e malattie professionali, in collaborazione con ANMIL. Ha maturato un’importante esperienza nel settore patrocinando molti infortunati invalidi del lavoro in tutte le vertenze di categoria. Attualmente è fiduciario delle sedi ANMIL di Gallarate, Varese, Verbania, Biella, Novara ed è consulente legale nazionale dello stesso Patronato. E’ autore di pubblicazioni sul sito internet dell’ANMIL, “Obiettivo Tutela” e collabora con il mensile “Vita”.